venerdì 17 giugno 2011

IN SERVIZIO PER UN ANNO


Vette, orizzonti infiniti e rovine inca.. choclo con queso, jugo de naraja e caldo de gallina.. huayno, cumbia, reggaetón.. paesaggi, sapori e suoni rimasti impressi durante l’anno di servizio civile a Cusco in Perù..

Cercando i progetti delle varie associazioni, una mia amica mi informa che lei forse parteciperà al bando con ASPEm www.aspem.org.
Da tempo ero alla ricerca di un progetto che fosse coerente con i miei studi e con i miei interessi. Ma mi perdevo tra le varie associazioni e Ong, tutte con progetti molto coinvolgenti.
Controllo per curiosità il sito di ASPEm.. credo alle coincidenze e questa per me è stata la prima.. Trovo anche qui differenti progetti interessantissimi.. Tarija, Cenca a Lima, Cusco.. Sono confusa per natura, non so se lo siete anche voi.. ma per fortuna so essere anche molto critica.. la mia “ricetta” ha contemplato i seguenti ingredienti:
1. Circoscrivere la ricerca in America Latina perché parlavo un po’ di spagnolo. Ed ASPEm combaciava perfettamente con questa prima esigenza.
2. Scoprire il mondo delle donne in Sud America. Avevo fatto un viaggio pochi anni prima in Messico e mi avevano molto colpito queste forti figure femminili soggiogate dal machismo. Per questa ragione ho preferito addentrarmi in questa sfera per comprenderne il ruolo e le potenzialità.
3. In modo particolare ero anche interessata al mondo rurale. Il contesto ideale per conoscere la cultura
di un popolo, le sue radici ed origini. Ed è anche la parte più isolata e meno facile da esplorare se non
nella quotidianità.
Cusco mi attirava tanto.. non so come spiegarmi ma sentivo come un magnete che fisicamente mi attraeva.
Il progetto con le lavoratrici domestiche al Caith si addiceva a tutte le mie motivazioni. Sono entrata nel sito web www.caith.org e la prima pagina con la foto di Vittoria in cucina abbracciata alle ragazze del centro, mi è sembrata un’immagine subito familiare..

Per contestualizzare il progetto ed i suoi propositi occorre spiegare il fenomeno della migrazione interna nel Perù.
Il turismo ed il commercio attirano tanti campesinos verso la città che invadono i cerros (le
cime) delle principali città peruviani come Lima, Arequipa, Cusco Puno, Puerto Maldonado e Quitos. Ma il fenomeno è ancora più preoccupante quando si tratta di bambine/i, ragazze/i. I casi sono davvero diversi e cambiano a volte a seconda del genere: la maggior parte delle bambine lavorano come domestiche in casa oppure nei mercati, nelle locande, ristoranti, mentre i maschi spesso si ritrova in strada lavorando come lustra scarpe, oppure dedicandosi a piccoli furti, o ancora anche loro come mozzi in ristoranti e locali.
Molti anche i casi di ragazzi che scappano da una situazione familiare di abbandono e maltrattamento. In città a volte la vita è ancor più dura e frequenti sono anche i casi di ragazzini che sniffano colla o vengono maltrattati dalla polizia. Nelle comunità le famiglie hanno molti figli, questo significa più braccia da lavoro ma anche più bocche da sfamare e meno possibilità di studiare. Così, quando si presentano insegnanti, infermieri, madrine o padrini, lontane zie o parenti spesso diventano un opportunità e si affidano i propri figli con la promessa e speranza che studieranno e potranno costruirsi un futuro migliore.
Ma queste persone non sono sempre affidabili: i bambini perdono i contatti con la famiglia, non vengono registrati a scuola, lavorano praticamente tutto il giorno dall’alba a notte fonda, non hanno uno stipendio o, se è previsto, è misero , non vengono concesse le domeniche o giorni di riposo, in più dal punto di vista psicologico, il trauma si acuisce sulla comunicazione. Vengono inseriti in un mondo totalmente diverso dalle comunità in cui non si parla più il quechua, segno di inculturazione e arretratezza in città, ma lo spagnolo, anche il nome proprio può subire la stessa svalorizzazione e venir cambiato.

Vittoria, da circa trent’anni, ha deciso di costruire qualcosa di alternativo, cercando di offrire delle concrete opportunità alle lavoratrici domestiche, fenomeno sempre più diffuso a Cusco, nella speranza che un giorno riescano a far valere i propri diritti e la propria dignità. Il progetto è divenuto nel 2002 una ONG dal nome Centro Yanapanakusun www.yanapankusun.org ed ha dato vita ad un programma volto allo sviluppo integrale delle lavoratrici domestiche. Con attenzione verso le origini e provenienza di queste ragazze (Programma Comunidades di sensibilizzazione e sviluppo delle più povere zone rurali), la divulgazione (programma Radiofonico per dare voce alle lavoratrici domestiche e sensibilizzare i datori di lavoro), l’istruzione (la scuola Centro Yanapanakusun per minori lavoratori), il turismo (per sostenere i progetti), la cascina in campagna (per mantenere le radici con la terra).

Ma in fin dei conti che cosa ho fatto? Il servizio civile all’estero. Ho partecipato due anni fa al bando con ASPEm e mi sono catapultata da Bergamo a questo nuovo mondo.. quasi totalmente ignara di quello che mi avrebbe riservato quel inteso anno di volontariato. Una tra le tante sorprese è stata proprio la lingua..
confortata dal fatto che il Perù fosse un paese in cui si parla lo spagnolo, avevo sottovalutato l’importanzadel runasimita.. la lingua del popolo: nelle comunità andine il quechua è fondamentale per comunicare con i bambini e le madri.. è stato curioso osservare e riuscire ad entrare in contatto usando altre forme di espressione! Che ci facevo nelle comunità? Le comunità non sono centri di recupero bensì zone rurali in cui vige l’autorità dei comuneros. L’equipe Comunidades opera in due province di Cusco, Paucartambo e Paruro.
Io ho lavorato nella prima, nel comune di Huancarani in cui sono riconosciute 18 comunità andine
ma il progetto si concentra solo in 6. Le attività sono incominciate con le vacaciones utiles, una sorta di centro ricreativo estivo itinerante per i bambini. Ogni giorno ci incamminavamo di comunità in comunità svolgendo attività quali comunicazione e giochi logico-matematici, musica e danza e disegno (che ho creato ed in cui ho potuto apprezzare l’arte agreste dei bambini nelle comunità).
Durante l’anno le attività, in parte si sono svolte nelle scuole ed in parte con gli adulti, con le autorità locali e comunali.
Gli obiettivi erano di sensibilizzazione di adulti e bambini riguardo a due macro tematiche: il lavoro e la migrazione minorile, con lo scopo di evitarla o per lo meno ridurla, rendendola più cosciente. Parallelamente si svolgevano le attività di sviluppo locale per cercare di offrire opportunità in loco, rinforzando l’istruzione e l’educazione, collaborando con altre ONG o attori locali. Nel pomeriggio si aprivano le case di cultura nelle 6 comunità e nel comune di Huancarani, spazi in cui i bambini utilizzano per fare i compiti trovando un supporto nello studio, ma anche per svagarsi ed imparare giocando (non è scontato visto che il pomeriggio è dedicato ai lavori per la famiglia come portare al pascolo la vacca, cucinare, lavorare nei campi, tra i tanti).
La sera era dedicata al programma radio in cui si affrontavano tematiche sociali (diritti umani, dei
bambini, dei lavoratori, delle donne, la migrazione, ecc.), che cosa avevamo realizzato durante il giorno e quali sarebbero state le attività successive, si dava voce ai bambini che proponevano indovinelli (i loro preferiti), racconti, canti, news, si intercalavano spot di sensibilizzazione (realizzati dal Centro Yanapanakusun) con musiche locali (principalmente huayno) il tutto in quechua, tranne per la sottoscritta...

La condivisione con le colleghe era totale, da mattina a sera, cinque giorni su sette la settimana.. non erano solo colleghe.. eravamo una famiglia con cui compartire sconforti e preoccupazioni, saperi ed esperienze, ricette, pensieri filosofici e tante risate da sentir male alla pancia..
In questo percorso non ero sola.. e non mi sono sentita sola.. nelle comunità c’era la mia famiglia
peruviana, a Cusco quella italiana.. un’unione di forze che mi ha accolta e rinvigorita come un albero in primavera..

Ed è nella cosmologia andina che ho ritrovato il mio respiro.. Pachamama , Inti, Apu.. non sono spiriti,
non sono scissi dall’uomo e dalle sue faccende quotidiane.. ma sono parte di noi e delle nostre emozioni..

un’appartenenza inglobata nella Natura.. che si pincha tra le foglie di coca..

Edlira Fiore
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